Introduzione al libro - Il Dio prodigo

Questa piccola guida si propone di illustrare i principi fondamentali del messaggio cristiano, ossia il vangelo. Per chi non avesse familiarità con gli insegnamenti evan­gelici e per chi se ne fosse per qualche tempo discostato essa potrà costituire un’agile sintesi della fede cristiana.

Quest’opera, nondimeno, non è rivolta solamente a chi ha intrapreso un cammino di ricerca spirituale. Molti cristiani di lungo corso ritengono di conoscere la pro­pria fede sufficientemente bene da non aver bisogno di rispolverarne i rudimenti. Eppure proprio tale presun­zione può essere sintomatica dell’incapacità di cogliere la sostanza unica e radicale del vangelo. Ai membri che frequentano la chiesa da una vita può talvolta capitare di ritrovarsi talmente incantati e interdetti di fronte a una nuova concezione del messaggio cristiano da avere l’im­pressione di essersi praticamente “riconvertiti”. Questo libro, dunque, è stato scritto sia per i profani, osserva­tori curiosi, sia per gli iniziati alla fede. Sia per chi, nella parabola del figlio prodigo, Gesù identificherebbe con il “figlio minore” sia per chi, forse proprio malgrado, si può considerare un omologo del “figlio maggiore”.

Prenderò dunque spunto dal ben noto racconto alle­gorico riportato al capitolo 15 del Vangelo di Luca per arrivare al cuore della fede cristiana. La trama e i per­sonaggi della parabola sono molto semplici. C’era un padre che aveva due figli. Il minore chiese al padre la propria parte di eredità, che gli venne concessa, e subito se ne partì per un paese lontano dove dissipò tutti i propri averi in dissolutezze e piaceri mondani. Tornato a casa pentito e con la coda fra le gambe, venne ina­spettatamente riaccolto dal padre a braccia aperte. Tale festosa accoglienza indispose, tuttavia, il fratello mag­giore. La storia si conclude con l’invito paterno, rivolto al figlio maggiore, a unirsi ai festeggiamenti e a perdo­nare il fratello minore.

All’apparenza la trama non è poi così entusiasmante. Sono nondimeno persuaso che, se si paragonasse l’inse­gnamento di Gesù a un lago, la ben nota parabola del figlio prodigo ne costituirebbe uno dei punti in cui l’ac­qua è talmente limpida da lasciarne intravedere il fondo. Negli ultimi anni su questo testo evangelico sono stati condotti molti studi eccellenti, ma questa mia interpre­tazione si basa fondamentalmente su un sermone che ho udito più di trent’anni fa da Edmund P. Clowney. Quella predicazione ha cambiato radicalmente il mio modo di intendere il cristianesimo, quasi mi avesse por­tato a scoprirne l’essenza segreta. Nel corso degli anni sono spesso ritornato a insegnare e a consigliare traendo spunto da questa parabola; una volta spiegatone l’ef­fettivo significato ho constatato come molte persone vi abbiano trovato incoraggiamento, illuminazione e soc­corso più che in qualsiasi altro passo biblico.

In occasione di un viaggio all’estero ebbi occasione di predicare questo sermone con l’ausilio di un inter­prete. Qualche tempo dopo il traduttore mi scrisse per comunicarmi come durante la mia predicazione questa parabola l’avesse colpito al cuore come freccia: dopo un periodo di lotta interiore e di riflessione l’aveva con­dotto alla fede in Cristo. Molti mi hanno confessato come, una volta compresa e assimilata, questa parabola di Gesù abbia salvato la loro fede, il loro matrimonio e talvolta, letteralmente, la loro vita.

Nei primi cinque capitoli di questo libro cercherò di rivelare la chiave d’accesso per la comprensione totale di questa parabola. Al cap. 6 dimostrerò come quest’al­legoria ci aiuti a capire il senso generale della Bibbia e al cap. 7 come il suo insegnamento si esprima e si sviluppi nel modo in cui viviamo nel mondo.

Non userò il classico titolo “La parabola del figlio prodigo” con cui si fa solitamente riferimento a questo racconto allegorico. Non è giusto, infatti, decidere di concentrarsi solamente su uno dei due figli. Neppure Gesù lo fa, tant’è vero che inizia il racconto dicendo: “Un uomo aveva due figli”. Dunque qui si parla tanto del fratello maggiore quanto del minore, tanto del padre quanto dei due figli. E quanto Gesù ha da dire a propo­sito del fratello maggiore costituisce uno dei messaggi biblici più degni di nota. Il titolo di questa parabola potrebbe dunque essere “I due figli perduti”.

L’aggettivo “prodigo” non significa “ribelle” bensì designa “chi spende o dona senza misura”. Prodigo è chi spende in modo sconsiderato fino a ritrovarsi senza più nulla. L’appellativo si presta dunque per indicare tanto il padre quanto il figlio minore della parabola. L’acco­glienza riservata dal padre al figlio pentito è letteral­mente smisurata e sconsiderata giacché l’uomo respinge l’idea di misurare o considerare la colpa del figlio nei suoi confronti o di reclamare la restituzione dell’eredità anti­cipatagli. Con tale risoluzione l’uomo scandalizzava il figlio maggiore e, probabilmente, la comunità locale.

Il padre di questa parabola raffigura il Padre cele­ste, che Gesù conosce bene. Scrive san Paolo: “Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe” (2 Corinzi 5:19). Qui Gesù ci mostra un Dio che dona senza misura, un Dio indubitabilmente prodigo verso di noi, suoi figli.

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Primo capitolo de Il Dio prodigo

 

L'autore

 

Tim Keller - Il Dio prodigo

 

Timothy Keller